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Profilo Tiratirache

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Il Gruppo musicale “Tiratirache” è composto da Attilio Boccalon, portogruarese ed Augusto Prosdocimo, di Meduna di Livenza (TV). Da circa un ventennio, per diletto, si esibiscono nei teatri, nelle piazze e nei locali della Regione, presentando le loro canzoni in dialetto veneto e cercando di trasmettere al pubblico l’attenzione alla propria terra, alle proprie radici. Il loro narrare può essere interpretato come uno sguardo affettuoso ed autoironico al tempo stesso, rivolto a quella realtà, a quel miscuglio di tradizioni e vicende umane che hanno caratterizzato il nostro territorio fino a qualche decennio fa, prima delle vertiginose trasformazioni apportate dal progresso tecnologico.

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Attilio Boccalon
La carriera artistica di Attilio Boccalon inizia quasi per caso, in un vecchio stanzone diuna latteria nei sobborghi di Portogruaro, non tanto come attore, ma come cantante. Erano i primi mitici anni 70 e i complessini rock nascevano come funghi sulle orme dei Beatles. Cantare, per Attilio, era un modo per esorcizzare la timidezza adolescenziale, tanto che un po’ alla volta il palcoscenico gli divenne più confidenziale del previsto e ne scaturirono doti nascoste e non. Con il complessino apprese i primi (ed unici) rudimenti per strimpellare la chitarra, che gli divenne poi fedele compagna (il primo amore non si “scorda” mai). Verso la metà degli anni settanta entrò prepotentemente nel mondo del teatro, dove la sua verve comica naturale avrebbe potuto trovare sfogo; ma per esigenze di regia venne più spesso costretto in ruoli drammatici, che non gli rendevano giustizia, anzi che la giustizia la gridavano al cospetto di Dio. La carriera drammatica di Attilio trovò il suo epilogo in una notte di mezza estate in cui, durante una rappresentazione, si abbandonò ad un’anarchia interpretativa, trasformando un dramma in una farsa.  Si rese necessario l’abbandono della compagnia, nonché la separazione fisica dal regista, ma a raccogliere le sue spoglie morenti ci fu una seconda compagnia teatrale:  “La Bottega” di Portogruaro che, con pietoso gesto, gli lasciò più spazio nelle interpretazioni brillanti. Venne riconosciuto dalla critica come un buon animale da palcoscenico, anche in interpretazioni come “Spoon river” e “Le confessioni di un italiano”, proposte dalla nuova compagnia. Fu in questo periodo che si consolidò il legame artistico con Augusto Prosdocimo, anima del gruppo cabarettistico “Nodi al pettine”, con il quale farneticò nuove  avventure teatrali più consone alla sua personalità. Dalla collaborazione umoristica e musicale con Augusto, nacquero canzoni in dialetto veneto, ormai entrate nella tradizione popolare, quali “Toni el pomaro” e “ El nono”. Tifoso accanito del Milan, provò grande soddisfazione quando, nel 1986, interpretò ed incise l’inno del Milan per l’Associazione Italiana Milan-clubs. Nel frattempo Augusto insisteva perché desse maggior consistenza alla sua vocazione artistica e dal torpore Attilio si svegliò nel 1995, partecipando con la canzone “Prima dea teevision” e vincendo il primo premio per la miglior interpretazione, al Festival “Venezianote” di Venezia. Successivamente l’attività di cantante-narratore in dialetto veneto ha preso maggior consistenza, con l’incisione dei due CD musicali “Prima dea teevision” del 2000 e “Kambusa dancing” del 2004. Le sue apparizioni in pubblico divennero più frequenti, anche grazie alla costituzione del gruppo Tiratirache. In seguito alla conoscenza e all’amicizia con lo scrittore poeta friulano Lionello Fioretti, nel 2002 venne messa in scena la tirata teatrale “Maschere randagie” che divenne poi un CD, presentato in anteprima alla “Casa a Nord Est” di Sergio Maldini a S. Marizza di Varmo (UD), con grande successo di pubblico e di critica.
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Augusto Prosdocimo
Augusto Prosdocimo, anima romantica cresciuta fra le galline e i granai, è nato nel 1957 a Meduna di Livenza e per una ragione o per l’altra non si è ancora mosso da lì. Figlio di padre veneto e madre abruzzese; dal primo ha ereditato fermezza d’animo (raramente messa in pratica), musi duri da sfoderare nei momenti giusti, ma anche attitudine al compromesso per amor del quieto vivere (qualità, quest’ultima, che va perdendo col passar degli anni).  Dalla mamma ha avuto in dono fantasia, buonumore e quella giusta sregolatezza che hanno fatto di lui un umorista sui generis e fecondo, sempre pronto a far bisboccia, brigata, spettacolo. Ricorda che a quattro anni cominciò a disegnare quasi ossessivamente il volto di un uomo con baffoni, occhiali e cappello, così, senza sapere chi fosse: un’immagine uscita dal piccolo schermo in bianco e nero, che si era impressa nel suo inconscio. Ritrovò quella figura in seguito, nella letteratura umoristica che cominciò a frequentare fin dalle medie e che lo salvò dall’immancabile disamore per  i  libri provocato dalla scuola. Era il volto “dell’uomo di mezza età” Marcello Marchesi, il grande umorista ancor oggi tenuto nascosto, anziché esser elevato agli onori di critica che gli spetterebbero, forse per timore che si scopra  quanti, fra gli addetti ai lavori, attingono e scopiazzano a man bassa dalla sua produzione.  Fu amore a prima vista. E poi vennero Giovanni Guareschi, e Achille Campanile, altro autore che “alimenta l’inesauribile fonte d’ ispirazione” dei moderni comici. Da queste letture ebbe lo sprono per  comporre i primi timidi testi destinati al teatro della scuola, al cabaret amatoriale, le canzoni dialettali e le poesie umoristiche lette agli amici e successivamente raccolte nel libretto “Storie spaccate”, pubblicato nel 1982, con il quale partecipò al Festival dell’Umorismo di Bordighera dell’anno successivo. In quegli anni, assieme all’amico Orazio Zanni, costituì il gruppo di cabaret “Nodi al pettine”. Con esso scese, impavido, nelle “arene” delle discoteche degli  anni ’80, dove tra fischi, scherni e qualche successo, non si perse d’animo e seppe conservare la passione per la risata sottile, lo sberleffo, l’umorismo. Il dado era ormai tratto, il suo destino in parte segnato ed il profetico tormentone del padre “un fiol sol e anca pajazzo” s’era compiuto. Scrisse canzoni per bambini (di mestiere fa il maestro di scuola)  e canzoni e testi dialettali per sé ed altri gruppi.  La sua attività prosegue ininterrottamente  ed ha trovato ampio sfogo nella costituzione del gruppo folcloristico dialettale Tiratirache, assieme ad Attilio Boccalon. Dagli inizi degli anni ’80, considerandola un’attività complementare e soprattutto compensativa alle sue devianze da palcoscenico, ha approfondito lo studio della pittura sacra bizantina, al seguito di valenti maestri russi.  Quando la frenesia della vita moderna glielo consente, si chiude nella sua bottega, dove, tra pennelli,  pietre dure, pigmenti, foglia d’oro e tavole ingessate, prova a ritemprarsi lo spirito e la mente.

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